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La Città si Racconta: narrazione collettiva degli angoli e delle strade della città

In occasione della terza edizione di Una Ghirlanda di Libri, l'Associazione LeGhirlande ha presentato il risultato del lavoro che ha iniziato l'anno scorso e che si è concluso con la pubblicazione de "La Città si Racconta. Cinisello Balsamo vista con gli occhi dell'arte", punto di arrivo del progetto pilota che ha coinvolto una serie infinita di protagonisti: autori, poeti, pittori, studenti e persone comuni, tutti impegnati a raccontare la loro città.

Questo sforzo corale è teso alla creazione di una comunità di lettori e scrittori con l’obiettivo di rendere particolarmente stimolante l’avvicinamento alla lettura e al libro. “La Città si Racconta” non solo ha la vocazione di avvicinare ragazzi e adulti alla lettura, ma anche di sviluppare nelle persone un momento di riflessione sul tema della città.


L’iniziativa ha visto la partecipazione di sostenitore d’eccezione: Geico Taiki-sha, importantissima azienda cinisellese che opera a livello globale.


Il progetto pilota che abbiamo voluto fortemente riguardasse la città in cui viviamo, è un volume che racconta attraverso il connubio tra immagini e testi – poesie, novelle, racconti brevissimi – la città e i suoi dintorni. Il libro è impreziosito da contributi importanti di scrittori, fotografi, artisti del nostro territorio e rappresenta un vero e proprio viaggio creativo dedicato al nostro territorio.


È possibile acquistarlo presso Mondadori Bookstore di Cinisello Balsamo (in via Frova 3) oppure online cliccando qui.


Il nostro contributo: le premesse del libro


«Premettere così tanto in una premessa, fa un po’ ridere. Ma in questo caso è doveroso.

Premetto che La Città si Racconta è nata spontaneamente e in maniera nemmeno troppo pensata.

Chi mi conosce (e non sono in molti, volutamente) sa che la mia testa non è mai troppo tranquilla e in me vivono due modi di pensare diametralmente opposti.

Da un lato c’è il mio dannato pragmatismo esasperato, un approccio mentale votato esclusivamente all’oggettività e all’operatività. A volte però, poche per la verità, il mio lato nascosto, quello creativo, si sveglia e pretende il suo spazio. Quello è il luogo oscuro e inospitale dove le storie e le idee prendono forma. Dove la parte di me che mi piace non deve fare i conti con il mondo esterno. Ed è lì che La Città si Racconta è stata concepita.

Poi, come succede per i neonati, ha dovuto iniziare a interagire con il mondo che la circondava. Lì ad attenderla c’erano ziaManu e ziaLucia che hanno iniziato a educarla.

E lì lui, il progetto, si è arricchito incredibilmente.

Perché quando è nato era nudo, inconsapevole di ciò che sarebbe stato e di ciò che sarebbe divenuto. Ma man mano che cresceva, diventava più consapevole del suo ruolo.

Quando ha iniziato a farsi grande, a crescere, si è accorto che avrebbe potuto rappresentare qualcosa di importante. Avrebbe raccolto il pensiero di molti e lo avrebbe offerto a quelli che sarebbero stati lì per ascoltarlo.

Perché La Città si Racconta da adulta è diventata una pluralità di pensiero. Una testimonianza corale e trasversale del sentirsi parte di un luogo, di un tempo e del significato che tutti noi doniamo alla parola città.


Premetto che questo non è un vero e proprio libro, ma piuttosto un laboratorio che è partito in un modo e, pur rimanendo ancorato all’idea originale, ovvero quella di trovare una multidisciplinarietà del racconto, sfuggendomi di mano ha trovato da solo la sua dimensione e il suo modo personale di esprimersi.

Come dicevo, in questo io c’entro poco.

E come dicevo, mentre diventava grande, ha incontrato Lucia Esposito che gli ha donato un pezzetto del suo pensiero.


Premetto che queste pagine non sono solo il racconto di una città, dei suoi angoli, delle sue vedute, dei suoi scorci, della sua vita. Ma sono anche testimonianze dei pensieri, delle storie, delle sensazioni di coloro che la vivono.

Alcuni ci sono nati, altri ci sono arrivati, altri ancora l’hanno scelta. Alcuni ci lavorano e basta. Ma tutti hanno una cosa in comune: ogni giorno calpestano i suoi marciapiedi, abitano le sue case, si riparano dalla pioggia sotto i suoi edifici, entrano nelle sue attività, percorrono le sue vie e utilizzano ciò che lei offre. 

Non importa se l’amano o la odiano, se piace oppure no.

Quello che accomuna tutti è che la vivono e ne colgono ogni giorno l’essenza. La guardano, la immaginano, magari ne hanno un ricordo particolare, oppure la vedono proiettata nel futuro. Ognuno ne vede un pezzetto.

Per me sono questi i pezzetti che contano.


Infine premetto che questo libro è uno sforzo collettivo. Coloro che gli hanno donato una parte di se stessi, hanno realizzato qualcosa di grande.

Il merito va soprattutto a loro.

Ai partecipanti del concorso fotografico che con i loro scatti hanno regalato al progetto una dimensione visiva di grande impatto. Non era affatto scontato, ma è successo.

Agli autori che hanno interpretato le fotografie di comuni cittadini conferendo loro un’anima, un significato nel significato.

Ai ragazzi del Cartesio e alla loro insegnante Simona Borella che, cogliendo forse più di me il significato profondo di questo modo di esprimersi, ha condotto i suoi allievi alla scoperta non solo dei posti in cui vivono, ma anche e soprattutto alla scoperta di un pezzettino di sè. I loro lavori occupano le pagine green, perché il verde è diventato il colore della giovinezza.

E poi ancora grazie a Daniela Carcano che da quelle fotografie ha realizzato dei quadri che donano al progetto una dimensione più profonda, un’interpretazione artistica che regala un’emozione in più.

Infine il merito va anche a chi ha in parte contribuito alla sua realizzazione. Mi riferisco a Geico Taikisha, un’azienda che ha avuto da sempre un profondo legame con questa città, divenendo sostenitrice attiva di moltissime iniziative culturali di questo territorio.


Insomma le premesse ci sono. Ora potete iniziare il vostro viaggio.»

Stefania Gaia Paltrinieri



«La prima parte di questo libro è dedicata a un ricordo. Spiegare il legame profondo che mi lega a questa storia e a questa persona mi risulta molto complicato. Non sono abituata a farlo.

Le opere di Daniela Carcano e Claudia Cangemi prendono vita da questa mia semplice ma intensa memoria; il ricordo di Adele Scotti, una donna di ben 88 anni, una cinisellese doc che come tanti ha vissuto in giovane età il terribile periodo della seconda Guerra Mondiale.

Era il classico pomeriggio d’inverno quando, davanti a un caffè profumato e fumante, percepii in mia suocera quel desiderio inconscio di ricordare e raccontarmi il suo passato.

Un piccolo là da parte mia e i suoi ricordi sono saltati fuori come nocciole da un sacchetto.

La sentivo parlare, un po’ in milanese e un po’ in italiano, con voce smorzata a tratti dall’emozione, ma con una lucidità di pensiero per i piccoli particolari che mi lasciarono totalmente senza parole.

Un racconto, il suo, che mi rapì il cuore tanto da volerlo fortemente inserire come ouverture nel libro “La Città si Racconta”, un libro che nasce sì da un concorso fotografico ma che è intriso di sogni, desideri ed emozioni, le stesse emozioni di tre donne, Lucia, Manuela e Stefania che credono fermamente nella lettura, nella forza della scrittura e nella magia che può trasmettere un’immagine.

La Città si racconta”, ne sono certa, vi stupirà, vi incuriosirà, vi emozionerà, vi coinvolgerà, ma soprattutto vi racconterà qualcosa di noi, qualcosa di voi, perché ogni foto, ogni racconto e ogni poesia racchiude una parte di noi stessi che abbiamo donato agli altri.

Chi mi conosce sa che non mi dilungo mai nei discorsi, ma queste ultime righe vorrei dedicarle a tutte le persone che hanno collaborato e reso possibile questo progetto che in realtà altro non è che un ennesimo sogno che si realizza.

Grazie di cuore».

Lucia Esposito



«Mi dicono spesso che sono una rompiscatole, ma credo sia dovuto alla mia incredibile testardaggine: un po’ forse deriva dalle mie origini miste (milanesi, bergamasche e pugliesi) e anche perché mi piacciono limpidezza, verità e correttezza. E come ogni ragazzina a cui si intima «Non farlo!», m’incaponisco e va a finire che invece lo faccio.

Per controbilanciare questa caratteristica, sono anche un’inguaribile romantica, una sognatrice nata sotto il segno dei Pesci a cui piace l’azzurro del cielo e le nuvole pannose, una passionale.

La passione per la fotografia l’ho ereditata da mio padre. Ricordo che da bambina rimanevo ore a contemplare le immagini sottosopra nella sua Rolleiflex che poi venivano fissate sulla carta fotografica, che a distanza di anni ancora guardo.

Quando sono cominciate ad arrivare le prime immagini del concorso fotografico, mi sono ritrovata a contemplare i colori, le forme e le tecniche, fissando gli scatti con occhi curiosi e cercando di assimilare quello che le persone avevano voluto trasmettere.

Certe foto erano veramente brutte da vedere: ma non perché l’immagine fosse sfocata o perché il soggetto non fosse gradevole. Semplicemente perché facevano male. E poi subito dopo, facevano anche bene al cuore!

È incredibile come una fabbrica dismessa, diroccata e abbandonata, che in un primo tempo percepisci letteralmente come una sconfitta, in realtà possa raccontare così tanto di sè e diventare potente. Le luci, le ombre, il sole che filtra dalle lamiere dona nuova vita a ciò che pare morto.

Quando è partito questo progetto qualcuno ci disse che quando non si sa cosa fare «si fa un concorso fotografico», ma noi abbiamo tirato dritto, riservando a quell’opinione un chissenefrega, sapendo, anzi, pregustando già il risultato. E che risultato!

Abbiamo perseverato, con testardaggine e romanticismo, con la voglia di fare 功夫 realizzando un’opera condivisa, assieme a chi ha creduto in tutto ciò e che ora potete vedere e leggere in queste pagine.

Grazie a tutti per la fiducia che ci avete accordato».

Manuela Barbara Lattuada



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